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Nella storia dell'umanità non c'è esempio di pari grandezza, splendore e decadenza come gli undici secoli della Roma antica. Al di là del mito felice, su quei sette colli è stata scritta la storia di una Città-Stato del tutto inedita e lungimirante, capace di aggregare i Popoli conquistati per farli concittadini nel nome del suo diritto. Nel I secolo a.C. è già una metropoli, interlocutrice di Alessandria e Cartagine, di Antiochia e Atene; la pace di Augusto viene salutata con gioia in Occidente come in Oriente. Roma è la capitale politica e culturale del mondo di allora, il Mediterraneo; dal quale giungono potenti e uomini d'affari, filosofi e letterati. Qui approdano Paolo e Pietro, si radica e fiorisce quel Cristianesimo che, con la sua visione dell'uomo e della Storia, promuove l'altruismo e la buona vita. Costantino unifica i due mondi. Agostino, Ambrogio e Girolamo delineano la nuova fede e la città dell'uomo. Roma avveduta, a tanti e diversi popoli offre una nuova patria, l'Urbe diventa Orbe. Crescita territoriale e romanizzazione fatta in punta di lancia, ma anche estendendo i vantaggi di un'ambita cittadinanza o della sua amicizia. Mette a capo delle legioni personaggi dell'élite cittadina, spesso educati in casa da precettori greci, attivi nei circoli culturali ma senza la pretesa di possedere e imporre una cultura. Tito Livio, tracciando la storia dell'epopea romana, ammonirà: l'Impero dura finché i sudditi vi si trovano bene. Oltre le grandi vie, gli eserciti e le leggi, per unificare i territori e diventare caput mundi, Roma ha usato la lingua latina e la cultura che esprimeva. Con queste intuizioni è stata il cuore e il crogiolo dell'Europa che viviamo. Il suo lascito culturale, studiato nelle cattedre universitarie di latino e storia, diritto e architettura, è diventato patrimonio dell'Umanità. L'assetto politico statuale dell'Impero venne spazzato via dalla discesa dei barbari. Ma Roma ci aveva già messo tanto di suo per accelerare il declino: col mancato inserimento dei Popoli germanici, la corruzione interna, il prevaricante egoismo di un'aristocrazia esanime, le famiglie senza figli, l'esercito in mano agli stranieri, il trasferimento della leadership a Bisanzio (oggi Istanbul), l'ultimo tentativo di Diocleziano. È la fine dell'Impero. E di quella Roma davvero grande.